Lettera all’Intelligenza Artificiale

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Cara AI,
quando ti hanno lanciato al grande pubblico del web in molti hanno teso la mano per prenderti, un po’ come si fa con le rockstar. Tra curiosi, entusiasti smanettoni, sedicenti imprenditori del guadagno facile e studenti con poca voglia di studiare, per provare ChatGPT, il tool di OpenAI che ha fatto più scalpore, ci siamo dovuti inserire nella lista d’attesa. Pensa un po’!

Non vedevamo l’ora di testare tutte le meraviglie di cui ti dipingevano capace e farci anche noi un’idea su di te. Dopotutto, c’è chi afferma con convinzione che ci manderai in pensione anticipata.

Dopo aver testato un po’ dei tuoi tool possiamo dire con altrettanta convinzione che ahinoi non accadrà (almeno fino a quando non ti doteranno della capacità di pensare e, a quel punto, non saremo mica i soli ad essere mandati in pensione!). Il punto è che chi crede che ci toglierai il lavoro molto probabilmente:

1. non ha compreso appieno il tuo funzionamento;
2. non ha capito in cosa consiste il nostro lavoro.

In quanto ad esecuzione, certo, realizzi in modo corretto e anche interessante le richieste, e alcuni dei tuoi lavori sono pure meglio di tanti contenuti, che si trovano in giro per il web, prodotti da umani. Ma, per quanto banale possa risultare, c’è da dire che da sola non funzioni. Noi possiamo esistere senza di te, tu no. Hai bisogno prima di tutto che un umano inserisca un prompt – una richiesta -, ma è soprattutto in base al prompt che riesci a dare “il meglio o il peggio di te”. Con ChatGPT sei in grado di scrivere cose banalissime ma anche cose di un certo spessore, come haiku e poesie per esempio, e spiegazioni anche abbastanza convincenti delle stesse.

Abbiamo poi voluto testare anche Dall-E, il tool IA per le immagini sempre di casa OpenAI, a cui abbiamo chiesto di restituirci una foto con i primi due elementi che ci sono venuti in mente: un pallone e i dreadlocks.

La richiesta è stata elaborata letteralmente e restituendoci anche tutti i bias umani, anche più degli umani stessi! E, in ogni caso, non può considerarsi un lavoro concluso per una campagna – a malapena iniziato, aggiungeremmo.

In quanto alla produzione di immagini, come abbiamo visto, non brilli per varietà né inclusività – esattamente come noi umani – tanto meno se non ti vengono fornite delle specifiche esatte. E lo spiega distintamente la campagna di Wired e TBWA Italia testando Midjourney.

Inoltre, ci sarebbe da aggiungere che l’esecuzione è solo l’ultima parte del lavoro di noi creativi. Per darti un comando che possa risultare utile c’è bisogno di un’idea valida alla base, altrimenti ti ritroverai a scrivere di un panino al pollo che “tastes like a bird” o di definire “the shit” il servizio che ti è stato chiesto di pubblicizzare. Il lavoro di noi creativi è prima di tutto un lavoro di pensiero.

La creatività è l’abilità di trovare soluzioni inaspettate, cercare connessioni tra cose che a prima vista non sembrano correlate. È imprevedibile, soggettiva e il processo non è decodificabile. Tu, invece, sei creata per seguire delle istruzioni e completare una richiesta, non importa se abbiano poco senso il testo o l’immagine prodotti, se risultano banali o mediocri.

Dopotutto, non ci si aspetta mica che un’intelligenza artificiale sia realmente in grado di pensare. Piuttosto che nostra rivale, noi vediamo in te un ottima alleata. Hai le potenzialità per diventare uno strumento davvero interessante, da utilizzare con ingegno per velocizzare il nostro lavoro esecutivo e regalarci più tempo per pensare e da dedicare alla creatività. Ci aiuterai ad essere creativi migliori. Quindi, non possiamo che stendere anche noi le braccia e darti il benvenuto.

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